Con la consacrazione, dopo alcuni anni di formazione, rispondiamo con un “sì”, totale e per sempre, alla chiamata a servire la Chiesa di Treviso. Questo “si” è prima di tutto un atto di abbandono fiducioso al Signore, che nella sua bontà ha voluto farci entrare in una relazione intima e personale con Lui e coinvolgerci nella instancabile opera di creazione del Regno. Come da secoli accade nella tradizione della Chiesa per ogni uomo e donna che ricevono il dono della consacrazione, anche noi Cooperatrici promettiamo di vivere in castità, povertà e obbedienza. In particolare, è nelle mani del Vescovo diocesano che riponiamo tali impegni, assunti per sempre.
La promessa di castità, con la Grazia di Dio, ci insegna a riconoscere in Gesù stesso il centro della nostra vita, colui che cammina sempre al nostro fianco e al quale orientiamo i nostri affetti. Questo significa allora un “di più di amore”, perché attingendo da Lui impariamo ad allargare le strette maglie del nostro cuore per far entrare tutti i fratelli e le sorelle che incontriamo.
La promessa di povertà, che implica il riconoscere in Dio il sommo Bene, nel concreto della nostra vita comporta il raccogliere i frutti del nostro servizio e che la Provvidenza ci dona, accontentandoci del necessario e conducendo una vita semplice e sobria. In questo modo, sentiamo di poter essere solidali e in comunione con le tante persone che quotidianamente incontriamo nelle realtà in cui siamo inviate.
La promessa di obbedienza ci fa pronunciare un “sì” pieno al sogno di Dio sulla nostra vita, alla sua volontà che si manifesta attraverso le persone, in particolare il Vescovo di Treviso, la storia, le esperienze quotidiane. Mettendoci giorno dopo giorno in ascolto di Colui che fu fino alla fine obbediente al Padre, Gesù, impariamo a stupirci della creatività dello Spirito, il quale non manca mai di colmare di doni quanti si abbandonano alla sua volontà.