Pubblichiamo alcune immagini della Consacrazione di Maria Sfriso e l’omelia tenuta dal vescovo Michele Tomasi.
Consacrazione di Maria Sfriso
Cooperatrice Pastorale Diocesana
Tempio di San Nicolò
5 luglio 2020
Il brano che è stato appena proclamato costituisce la fine del capitolo 11 del Vangelo di Matteo, una lunga risposta di Gesù alla domanda fattagli a nome di Giovanni Battista incarcerato da Erode: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”
Gesù si meraviglia dell’incredulità dei suoi contemporanei, di fronte alla vita e alle parole del Battista e soprattutto di fronte a quanto Lui stesso ha detto e operato: Tiro, Sidone, persino Sodoma si sarebbero convertiti se avessero visto le opere e i segni fatti da Gesù a Cafarnao, Corazìn e Betsaida, rimprovera il Signore gli abitanti di questi paesi. Sembra quasi che il Signore non riesca a capacitarsi della difficoltà di accoglienza della Parola di Dio, in una forma o nell’altra, dell’indifferenza dei suoi contemporanei, paragonati a dei bambini, cui sono state suonate melodie differenti senza riuscire né a farli danzare, né a commuoverli: Giovanni era troppo austero, Gesù addirittura, per loro, un mangione ed un beone. Di che cosa avevano bisogno? E poi, dopo questa dura invettiva, ecco prorompere, sorprendente, la lode e l’invito al riposo che abbiamo sentito.
C’è chi ha accolto il Vangelo, c’è chi si è lasciato toccare dalla vita e dall’annuncio del Battista. Dalla vita e dall’annuncio di Gesù. Non sono i dotti, non i sapienti. Non quelli che avrebbero avuto gli strumenti a disposizione per capire, per comprendere, per vedere quanto bene, quanta verità, quanta novità di vita vi era nelle parole e nelle opere di Gesù.
Questi sapienti e questi dotti avrebbero potuto vedere e rendersi conto di quanto la proposta di Gesù avrebbe fatto bene alle persone e alla società nel suo complesso, avrebbero potuto leggere ed interpretare le Scritture e la tradizione di Israele e vedere in esse l’orizzonte della venuta del Messia Gesù – non era in fondo quanto ha fatto il Risorto nel cammino assieme ai discepoli di Emmaus? – ma non si sono lasciati toccare né la mente né il cuore, sono rimasti distanti, chiusi nel proprio mondo. Forse la loro sapienza e dottrina – che diventavano anche influenza religiosa, sociale, politica – li aveva resi autosufficienti, il mondo della loro interpretazione per loro era ampio abbastanza. Forse non avevano davvero bisogno di qualcuno che li liberasse, che desse loro significati nuovi, orizzonti nuovi, vita nuova. Forse non avevano davvero bisogno di un Messia. Qui entrano in gioco “i piccoli”. Loro hanno colto la novità, la ricchezza, la bontà e la bellezza di quanto Gesù aveva portato. A loro il Padre, nella sua benevolenza, ha rivelato la profondità del suo amore per loro, manifestata in Gesù il Messia, e loro l’hanno colta. L’hanno colta perché ne avevano bisogno. Perché l’orizzonte stretto della loro vita premeva su di loro, perché sentivano con urgenza di non essere autosufficienti, perché non c’era nessun altro che venisse da loro – proprio da loro, non sembrava quasi vero – a dimostrare che erano voluti, pensati, amati.
“Tutto è stato dato a me dal Padre mio. Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”: non è che Gesù decida di rivelare il Padre e la via verso di Lui a qualcuno negando ad altri questa possibilità. Il Vangelo non ci presenta una teoria dell’annuncio, o una teologia della rivelazione. Il Vangelo “suona il flauto” od “intona un lamento”. Il Vangelo è una musica che vuole arrivare al cuore e che dal cuore risale e diventa pianto, riso, gioia, danza. I piccoli del Vangelo si sono lasciati toccare il cuore, la Parola è diventata la melodia che li ha fatti rialzare, e muoversi, e danzare. Non avevano schermi, ostacoli barriere, ma soltanto bisogni. Bisogni essenziali per la vita che sono sempre bisogni d’amore. Con la loro danza hanno fatto cantare Gesù: ecco perché la sua risposta alla domanda di chi non sa lasciarsi coinvolgere si trasforma in lode per i piccoli che hanno saputo danzare la vita.
In questa nostra vita, come ha scritto un teologo, “è come se una sala fosse riempita di musica benché nessuno ne conosca esattamente la fonte. C’è nel mondo, per così dire, un campo carico di amore e di senso; qua e là esso raggiunge un’intensità sorprendente; ma è sempre discreto, nascosto, sempre invitante ciascuno di noi ad associarvisi. E dobbiamo associarci se vogliamo percepirlo, poiché la nostra percezione di esso avviene attraverso il nostro amore”.
Ecco allora l’esperienza di coloro che sono stanchi ed oppressi da una vita che talvolta sembra donare davvero poco. Ed ecco il ristoro per la loro vita. Si tratta di un riposo che rinfranca, che tonifica, che dà nuove forze e apre nuove prospettive.
È vivere nell’amore che cambia la vita perché permette di gustare nuova speranza, è volgere lo sguardo d’intorno e trovare altre persone che sentono la stessa musica, che si muovono allo stesso ritmo, che sono parte di una stessa grande armonia. In questo orizzonte che si allarga si incontra anche Gesù che loda per la nostra vita, e si incontra il Padre insieme a Lui e a tutti coloro che fanno la medesima esperienza.
Portare il giogo con Lui significa accettare il dono della sua vita per noi e donarla a nostra volta: sotto il giogo siamo legati a Lui, amiamo con Lui e come Lui, andiamo nella sua stessa direzione. Ci scopriamo finalmente come figli e fratelli e sorelle. Ecco la Chiesa: la comunità dei piccoli che si lasciano coinvolgere dalla bellezza e dalla verità della Parola di Dio, che si lascia trasformare dall’incontro con Gesù, e che – fedele a Lui, legata a Lui – si fa accogliente per tutti.
Cara Maria. Nella scelta dei consigli evangelici accetti di essere una di questi piccoli. La povertà, la castità, l’obbedienza sono limiti che accogli come dono perché hai scoperto l’amore di Dio. Accetti un giogo. Ricevi però in dono di poterti girare – in qualsiasi direzione – e di trovare Gesù, Lui che è “mite ed umile di cuore”. E il giogo sarà “dolce e leggero”. E attingerai sempre nuova forza e gusterai libertà vera. E saprai stupirti della forza dei piccoli e degli umili che incontrerai nel servizio pastorale cui ti dedicherai per sempre in questa Chiesa. Sentirai la melodia del flauto, suonata dal Vangelo di Cristo, che a volte ti porterà a conversione, a volte ti farà cantare e danzare. Potrai scoprire e testimoniare la gioia del Vangelo
+ Michele Tomasi